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DISAGIO

Disagio – Il punkautore che canta l’inadeguatezza.

Disagio, all’anagrafe Donato Ciao, è un creativo di professione. Campano, classe ‘90, il punkautore – così si definisce – vive in provincia di Eboli. Scopre il disagio da bambino, anche a causa del suo cognome e delle battute scontate che ne derivano. Dal 2007 al 2012 è frontman del power trio garage Hot Fetish Divas, con il quale pubblica nel 2008, per la Garage Records DIY, lo split album My daddy was a serial killer! Il 2010 è l’anno dell’EP Songs for a trip; nel 2011, invece, esce il disco Natural Inclination for Pussy, prodotto da Antonio Moky Di Sarno. Dopo una pausa di dieci anni, nel 2022 Donato Ciao torna sulla scena indipendente italiana con il moniker Disagio, titolo dell’omonimo EP d’esordio uscito lo scorso aprile. Con testi irriverenti e spirito provocatorio, Disagio vuole raccontare le turbe di una generazione in bilico tra il forte senso di inadeguatezza, l’insoddisfazione che ne deriva e la presa di coscienza delle sue potenzialità. “Scrivo canzoni per sopravvivenza e continuo a suonare male la chitarra. Tipo Rino Gaetano e Joe Strummer insieme ubriachi in un bar. Nella vita poteva andarmi peggio ma anche meglio” dichiara il cantautore.  Il 2022 si chiude con la pubblicazione del brano 10 agosto; il singolo andrà a costituire la decima delle tredici tracce del nuovo album – in uscita la prossima primavera – che ho avuto modo di ascoltare in anteprima per la rubrica. Segue l’intervista.

Come hai trascorso questi dieci anni di assenza dalla scena musicale e cosa ti ha portato a rimetterti in gioco da solista?

“Negli ultimi dieci anni ho fatto tanto. Ho costruito, distrutto tutto e poi ricostruito. Ho lavorato molto per migliorare me stesso. Ad un certo punto ho sentito l’esigenza di lasciare traccia di questo processo, cercando nuovi stimoli creativi ma, quando ho deciso di tornare a fare musica, mi sono reso conto che la musica, in realtà, era cambiata. Ho trovato la provincia totalmente disintegrata: la socialità ha lasciato spazio all’individualità, a nuove dinamiche sociali, con persone sempre più connesse ma anche più sole. Con Disagio provo a raccontare tutto questo ma con un pizzico di irriverenza”.

10 agosto è un brano che spinge a fare i conti con se stessi e i propri desideri. Quanto disagio incontra la nostra generazione nel raggiungere ciò che vuole?

“Trovo che la mia generazione accusi un forte senso di inadeguatezza. L’inadeguatezza di quando non si riesce a gioire dei piccoli successi, soffermandosi invece a pensare a cosa sarebbe potuto andare meglio. Tutto questo genera insoddisfazione e alimenta la convinzione che, in fondo, ciò che si fa o si ha, per quanto piacevole o in linea con i propri desideri, non è (mai) abbastanza per sentirsi fieri e soddisfatti. Questo brano è un personale inno liberatorio, dedicato a chi, giorno dopo giorno, sta imparando a gioire dei piccoli traguardi raggiunti”.

Possiamo spoilerare il titolo del nuovo album?!

“Il titolo dell’album in uscita la prossima primavera è Siamo noi. Chi siamo? Siamo i buoni, ma ci presentiamo male. Spesso malissimo, per quanto mi riguarda”.

Cosa rappresenta per te questo disco? Qual è il suo concept?

Siamo noi rappresenta la fine di un ciclo e l’inizio di un nuovo percorso. Una sfida lanciata al futuro. A cavallo dei 30 anni ho iniziato ad interrogarmi su alcuni aspetti della vita ai quali, forse, non avevo dato importanza nei precedenti 29. Pur essendo un lavoro dall’impronta generazionale e dal piglio cantautorale, alcuni temi sono abbastanza universali, quindi è facile identificarsi. Il lavoro fatto con la band è stato prezioso, essenziale e diretto. Ho avuto la fortuna di avere dei fantastici compagni di viaggio: Vincenzo Marzullo, Giovanni Gonnella e Federico Palladino”.

In una canzone scrivi “Siamo acqua e siamo pure fuoco”, è questa la denuncia di una mancanza d’identità ben precisa?

“In realtà è un elogio alla capacità di adattarsi velocemente alle situazioni. Viviamo un tempo in cui il fallimento ha un’accezione esclusivamente negativa e questo ci porta a non accettare la possibilità di sbagliare. Penso sia importante affrontare le conseguenze del nostro vivere in modo critico e costruttivo. La società ci vuole perfetti e performanti ad ogni costo ma la nostra natura avrà sempre la meglio, in quanto fatti di carne e debolezze. Essere acqua ed essere anche fuoco è, per me, un modo di affrontare la vita, affermare la propria personalità ed esprimere il proprio potenziale”.

Concludiamo l’intervista riprendendo il titolo dell’ultima traccia dell’album. “Che fine abbiamo fatto?”.

“Ci sto lavorando ma ancora non l’ho capito, magari potrò dirtelo nella prossima intervista”.

Mariangela Maio

Leggi  QUI  la copia digitale de Il Commendatore Magazine.

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